Beniamina del pubblico italiano per la sua lunga e felice carriera di cantante pop, nota al pubblico più giovane come vocal coach di X Factor a fianco di Mara Maionchi, Mika, Arisa e Fedez, Rossana Casale è da molti anni una habitué anche dei palcoscenici jazz.
Nata a New York da padre americano e madre italiana, dopo i primi passi nel mondo del pop d’alto profilo come corista (per Edoardo Bennato, Riccardo Cocciante, Mina, Al Bano e Romina Power…), nel 1982 pubblica il suo primo singolo, Didin, scritto assieme ad Alberto Fortis. È invece del 1984 il suo 33 giri d’esordio, Rossana Casale, prodotto dalla PFM. Intanto ha partecipato al film di Pupi Avati Una gita scolastica, come attrice ma anche contribuendo alla colonna sonora. Nel giro di pochi anni la Casale diventa una presenza di rilievo nel pop nazionale, ma dissemina sin da subito indizi che ne rivelano la passione per il jazz: dall’impronta melodica già riconoscibile nel primo disco alle sonorità etniche e jazzistiche dell’album Lo stato naturale (1991).
La sua attività discografica manifesterà poi sempre più chiaramente questo suo interesse, a partire da Jazz in me, disco del 1994 incentrato sugli standard americani degli anni Quaranta e Cinquanta. Seguiranno Strani frutti (2000), dedicato alle interpreti femminili maudit del Ventesimo secolo, Billie Holiday in me (2004), esplicito omaggio sin dal titolo, Merry Christmas in Jazz (2009): progetti che avranno pure un’intensa vita sui palcoscenici. Anche gli omaggi dedicati a Jacques Brel (1999), Giorgio Gaber (2014) e Joni Mitchell (2023) saranno caratterizzati da una forte impronta jazzistica.
E quest’anno Rossana Casale torna al jazz più verace con un nuovo album: Almost Blue, la cui uscita è prevista per il prossimo autunno ma che intanto sarà rodato dal vivo. Si tratta di un progetto la cui scaletta esplora le innumerevoli tonalità di blu nei titoli jazzistici. «Mentre facevo una passeggiata al mare», racconta la Casale, «mi sono ritrovata a cantare tra me e me il brano Blue Skies di Irving Berlin e di conseguenza a scorrere con la mente tutti i brani jazz che all’interno del loro titolo o testo nominassero la parola “blue”. Dalle ballad più malinconiche come Little Girl Blue, cantata da Nina Simone nel suo primo album, Am I Blue, portata al successo da Ethel Waters e poi da Billie Holiday, o Almost Blue, cantata dalla voce di velluto di Chet Baker, a Blue in Green, brano mistico di Miles Davis, ai brani più carnali e astratti come Afro Blue di Coltrane o divertenti come Blue Rondo à la Turk di Dave Brubeck. Me ne sono venuti in mente tantissimi». E così si è sviluppato un programma che dimostra come questa parola, tanto strettamente connessa alla semantica jazzistica, non sia solamente sinonimo di tristezza.