Nathaniel Adams Coles, nome d’arte Nat King Cole, nasce a Montgomery, in Alabama, nel 1919, in una famiglia piena di musica: il fratello Freddy sarebbe diventato anche lui cantante; il padre era ministro battista; la madre era l’organista della chiesa e lo introdusse al jazz, al gospel e alla musica classica. Altrettanto zeppa di musica era la città in cui si trasferirono quando Nat aveva ancora pochi anni: Chicago. Qui ascolta per la prima volta Earl Hines, che sarà la sua principale influenza. Nel 1936 inizia a lavorare professionalmente e una breve tournée lo porta in California, dove si stabilirà dando vita al suo leggendario trio (nella versione “aurea”, con Oscar Moore alla chitarra, e Wesley Prince o Johnny Miller al contrabbasso).
Cole raggiunge una buona fama come pianista jazz: compare nei primi concerti del Jazz at the Philharmonic e partecipa ad alcune sessions con Lester Young, Red Garland e Lionel Hampton. Ma non si segnala come cantante fino alla pubblicazione di Sweet Lorraine, nel 1940. Paradossalmente, non si considerò mai un grande cantante, al punto da raggiungere questa vera perla di understatement: “I’m a musician at heart, I know I’m not really a singer. I couldn’t compete with real singers. But I sing because the public buys it” (nel cuore sono un musicista, so di non poter competere coi veri cantanti, ma canto nei dischi perché il pubblico li compra).
Il periodo a cavallo fra i due decenni è una serie ininterrotta di grandi successi, aperta nel 1949 dal capolavoro di Billy Strayhorn Lush Life; Mona Lisa, nel 1950, è in vetta alla classifica Billboard per cinque settimane; Too Young, nel 1951, ha analoga sorte. In seguito pubblica Smile, che sarà uno dei suoi “cavalli di battaglia”. Nello stesso periodo, fu il primo artista afro-americano ad avere un suo programma radiofonico e successivamente uno show televisivo a copertura nazionale. In entrambi i casi i programmi non durarono molto, furono cancellati perché gli sponsor – non volendo legarsi a un artista nero – si ritirarono. Cole combatté il razzismo per tutta la sua vita, rifiutandosi di esibirsi nei locali dove venivano applicate le norme sulla segregazione. Nel 1956 fu attaccato sul palco a Birmingham (Alabama) da membri del White Citizens’ Council che sembrava volessero rapirlo. Nonostante il rapido intervento della polizia, fu ferito alla schiena: non terminò lo spettacolo e giurò di non tornare mai più a esibirsi nel sud degli Stati Uniti, promessa che mantenne.